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Dalla mia matita spuntò Luna Rossa

Di Anna Vullo

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10 settembre 2009

È uno dei disegnatori di barche più famosi del mondo. Ha ideato Luna Rossa e il Moro di Venezia, lo Stealth di Gianni Agnelli e il Bribón del re di Spagna Juan Carlos. Una dote ereditata dal padre, pioniere della vela in Argentina negli anni Trenta, creatore di barche mitiche e gran regatista.

Germán Frers è un signore elegante e insolitamente timido, incline ad arrossire ogni volta che si concede un sorriso o una battuta. «Ho preso il carattere di mia madre, una donna austera», confessa. «Mio padre invece era molto estroverso, carismatico, dotato di un grande senso dell'umorismo». È lui che gli ha trasmesso la passione per le barche. «Era un creativo puro», ricorda: «Creò un'industria, ma non diventò mai ricco perché di affari non capiva nulla, dei soldi non gli importava niente».

Sessantotto anni, la prima barca l'ha disegnata quando ne aveva 16. Germán porta lo stesso nome del padre, ma ha impostato la sua carriera in modo opposto, rigorosamente manageriale. Ha uno studio a Milano, guidato da Germán junior, e uno in Argentina, che continua a dirigere lui. Il suo quartier generale è ad Acassuso, barrio residenziale a nord di Buenos Aires, in una villa con piscina che si affaccia sul Rio de la Plata. Al tramonto, quando il fiume si tinge di arancio e perde il suo tipico color caffelatte, si ha l'impressione di vedere il mare.

Lei ha progettato barche celeberrime. Qual è il segreto per realizzare una fuoriserie?
«Più che altro è una questione di esperienza. Bisogna avere una conoscenza profonda dei materiali, delle tecnologie, dei dettagli. Unita, ovviamente, al guizzo creativo. Io ho queste doti, ecco tutto. Nel nostro Paese c'è un'importante tradizione velica. Il mondo è pieno di ottimi architetti, progettisti ed esperti di nautica argentini che fanno questo lavoro».

Disegnò la sua prima barca giovanissimo, cinquant'anni fa. Che cos'è cambiato da allora?
«Si progettava interamente a mano, mentre oggi si fa quasi tutto al computer. E presto passeremo al 3D. L'intuito ha lasciato il posto a software e pc: meno poesia ma risultati più certi».

Ha dichiarato che i designer hanno un ego decisamente spiccato. È così anche per lei?
«Io lavoro con un team di collaboratori eccellenti e cerco di lasciare spazio a tutti. Detto questo sono molto fiero delle mie creazioni e mi inviperisco quando mi copiano».

La vela è ancora uno sport elitario?
«No, questo è un cliché del passato. Al contrario, è uno sport per tutte le età e tutte le classi sociali. Per navigare non è necessario possedere una barca. È un'attività d'équipe ed è molto educativa: insegna a collaborare con gli altri e a convivere in armonia in uno spazio ristretto».

Che sensazioni le dà andare in barca a vela?
«Paura, adrenalina, divertimento. La libertà è un ingrediente fondamentale. Il rischio è sempre presente».

Passioni oltre la vela?
«Amo la campagna, i cavalli, le buone letture. Ma la mia grande passione resta il lavoro».

Ha disegnato le barche di Herbert von Karajan e Gianni Agnelli, del banchiere de Rothschild e del re Juan Carlos: quale incontro le è rimasto più impresso?
«Agnelli e il re di Spagna: entrambi affascinanti. Ma anche tante altre persone anonime».

Che ricordo ha dell'Avvocato?
«Era un uomo carismatico, molto esigente e terribilmente curioso. Qualche volta insopportabile e capriccioso. Abbiamo navigato spesso insieme. Era un grande appassionato di barche».

Ha conosciuto anche Raul Gardini?
«Sì, mi chiamò per progettare il Moro di Venezia. Non sapevo chi fosse e mandai mio fratello: mi chiamò di nuovo e dovetti andare di persona. Era un uomo molto diretto, sensibile, legatissimo alla famiglia. Più un esteta che un esperto di barche. A proposito del Moro mi disse: "Mi sono lanciato in questo progetto per un solo motivo: dimostrare chi comanda in Montedison"».

  CONTINUA ...»

10 settembre 2009
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